Come noto uno degli strumenti più importanti per fronteggiare l’emergenza e sostenere il sistema produttivo nazionale è rappresentato dalle misure di accesso al credito per imprese e professionisti mediante l’articolato sistema della garanzia dello Stato previsto dal Decreto Liquidità (D.L. 23/2020 dell’8 aprile 2020, convertito in Legge n. 40/2020 del 5 giugno 2020).
La Corte di Cassazione, Sez. VI, con la sentenza del 4 giugno 2021 (ud. 15 aprile 2021), n. 22119, è intervenuta su un primo caso di contestazione del reato di malversazione in danno dello Stato di cui all’art. 316 bis c.p. avente ad oggetto proprio un finanziamento assistito dalla garanzia a prima richiesta rilasciata da SACE S.p.A. (ai sensi del d.l. 8 aprile 2020, n. 23, convertito con modificazioni dalla legge 5 giugno 2020, n. 40) chiarendo che tale fattispecie non sia configurabile nel caso in cui, successivamente all’erogazione da parte di un istituto di credito, gli importi erogati non vengano destinati alle finalità cui sono destinati per legge.
In particolare, il caso sottoposto alla Suprema Corte concerneva un provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, diretta o per equivalente, del Giudice per le Indagini preliminari di Isernia, della somma di € 20.000,00, ottenuta a seguito della predetta normativa, in quanto impiegata, a detta del GIP, per esigenze personali per finalità differenti da quelle previste dalla legge (ovvero mantenimento dei livelli occupazionali, evitare la crisi o il fallimento dell’impresa a causa della comprovata contrazione della fattura in ragione dell’emergenza sanitaria da COVID-19) desunte dal fatto che la suddetta somma era stata trasferita, dopo pochi giorni dall’erogazione, dal conto corrente della Società a conti correnti personali del rappresentante legale e della di lui figlia. Il provvedimento veniva impugnato avanti al Tribunale del Riesame che rigettava le doglianze del ricorrente, il quale presentava ricorso.
La Corte di Cassazione ha così avuto modo di chiarire che “il finanziamento, sebbene connotato da onerosità attenuata e destinato alla realizzazione delle finalità di interesse pubblico, non viene erogato direttamente dallo Stato o da altro ente pubblico, bensì da un soggetto privato (nel caso concreto, un istituto bancario)“, potendosi, dunque, individuare “due rapporti giuridici: uno tra l’impresa ed il soggetto finanziatore, riconducibile ad un mutuo di scopo legale; ed uno, di carattere accessorio, avente ad oggetto la garanzia a prima richiesta rilasciata da SACE S.p.A. (a sua volta coperta da garanzia dello Stato) al soggetto finanziatore per il caso di mancata restituzione del finanziamento”.
Pertanto, secondo la Corte di Cassazione, solo l’inadempimento di tale obbligazione restitutoria “rende operativa la garanzia pubblica, cosicché, in assenza di tale presupposto, ogni onere connesso all’erogazione del finanziamento rientra esclusivamente nel rapporto principale tra l’impresa ed il soggetto finanziatore. Di contro, la condotta di sviamento delle somme erogate dalla finalità legale cui le stesse sono destinate, ove non accompagnata dall’inadempimento dell’obbligo di restituzione delle somme erogate, non può comportare l’attivazione della garanzia pubblica. Tale “distrazione” delle somme dalla finalità di interesse generale per cui sono state erogate è destinata, tuttavia, a rilevare nell’ambito del rapporto principale di mutuo“.
Si tratterebbe di un mutuo di scopo configurabile allorquando una somma di danaro o di altra cosa fungibile viene consegnata al mutuatario esclusivamente per raggiungere una determinata finalità prevista dalla legge o da una convenzione. Tale vincolo di destinazione, inserito nel sinallagma contrattuale, assumerà certamente rilevanza sotto il profilo civilistico.
Deve, quindi, escludersi “che, in presenza di un finanziamento erogato ai sensi della legge n. 40 del 2020 e assistito dalla garanzia di SACE S.p.A., l’omessa destinazione delle somme così ottenute alle finalità di interesse generale previste dall’art. 1 della legge citata possa configurare la condotta sanzionata dall’art. 316-bis cod. pen.”
Tale interpretazione della Corte di Cassazione comprova che anche qualora si volesse aderire all’interpretazione estensiva del termine contributo o elargizione offerta dalla giurisprudenza ai fini della configurabilità dell’art. 316 bis c.p., diviene però difficile includere la particolare categoria di aiuti di Stato garantiti da SACE nel novero di tale definizione posto che, in realtà, è il sistema bancario e non l’Ente Pubblico ad elargire materialmente le somme di denaro per il sostegno del sistema economico.
avv. Monica Alberti