La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con ordinanza n. 32473/2021 pubblicata lo scorso 8 novembre 2021 ha affrontato il tema del presupposto operativo dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro.
Nel caso preso in esame la Suprema Corte ha affermato che la dipendente di una Procura della Repubblica, uscita dall’ufficio per recarsi a piedi presso un vicino bar per la “pausa caffè” ed in quel frangente procuratasi un trauma al polso destro in conseguenza di una caduta, non aveva alcun diritto ad ottenere l’indennizzo INAIL.
La sentenza in commento è di particolare interesse, non solo per la peculiarità della fattispecie esaminata – infortunio durante la pausa caffè in costanza dell’orario di lavoro – ma soprattutto perché consente di trarre un utile spunto di riflessione sul concetto di “occasione di lavoro”, e rischio connesso all’attività lavorativa.
Nella pronuncia in esame, la Suprema Corte ha innanzitutto richiamato il proprio costante orientamento sull’interpretazione dell’art.2 D.P.R. n.1124/1965, secondo il quale l’assicurazione comprende tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro.
In particolare, la Cassazione ha chiarito che, secondo la propria consolidata giurisprudenza, il presupposto dell’”occasione di lavoro” va inteso non come elemento topografico-cronologico bensì come nesso causale, quanto meno in via mediata e indiretta, non essendo l’assicurazione in questione finalizzata a coprire rischi generici, cui il lavoratore sia esposto al pari di qualunque cittadino, al di fuori del contesto lavorativo.
La Corte, in un passaggio della decisione, richiama un proprio precedente in un caso analogo (Cassazione n.4497/1997) ove l’infortunio si era verificato durante la pausa mensa al di fuori del cantiere edile ove l’infortunato prestava attività di lavoro. In tale precedente, il Supremo Collegio afferma “si è disattesa l’opinione secondo la quale la pausa per il caffè faccia parte dell’ordinario articolarsi del lavoro in senso proprio, e si è precisato che ai fini dell’indennizzabilità dell’infortunio, ai sensi dell’art. 2 del DPR 30 giugno 1965 n. 1124, mentre non è strettamente necessaria la circostanza che esso si sia verificato nel tempo e nel luogo della prestazione lavorativa, occorre tuttavia che sussista sempre un nesso eziologico fra attività lavorativa e rischio assicurato, nel senso che il rischio indennizzabile a norma della legge citata, anche se non è quello insito nelle mansioni svolte dall’assicurato (c.d. rischio specifico), non può comunque essere totalmente estraneo all’attività lavorativa, come nel caso di rischio elettivo, scaturito cioè da una scelta arbitraria del lavoratore il quale, mosso da impulsi personali, crei ed affronti volutamente una situazione diversa da quella inerente l’attività lavorativa, ponendo così in essere una causa interruttiva di ogni nesso fra lavoro, rischio ed evento”
In conclusione, precisa la Suprema Corte, il nesso causale rispetto all’occasione di lavoro si interrompe in tutte quelle situazioni di “rischio elettivo” scaturito cioè da una scelta arbitraria del lavoratore, il quale per soddisfare esigenze personali, affronti volutamente una situazione diversa da quella inerente l’attività lavorativa.
La Corte ha quindi cassato la sentenza della Corte di Appello e rigettato la domanda di indennizzo proposta dalla dipendente.
avv. Stefania Massarenti