Oltre allo scopo di prevenzione penale, con la riforma del Codice della Crisi d’impresa del 2019 il Modello Organizzativo previsto dal d.lgs. 231/2001 diviene anche un efficace strumento per rilevare tempestivamente la crisi dell’impresa e la perdita della continuità aziendale e, quindi, evitare il fallimento.
Il Codice della Crisi e dell’Insolvenza, d.lgs. 14/2019 ha, infatti, aggiunto all’articolo 2086 c.c. rubricato “gestione dell’impresa” un secondo comma ove è previsto che: “l’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi e della perdita della continuità aziendale”.
La novella fa così riferimento a specifici obblighi di adeguamento degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili in capo all’imprenditore da attuarsi attraverso direttive e procedure atte a garantire che il potere decisionale sia assegnato ed esercitato con un appropriato livello di competenza e responsabilità, nonché una regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rappresentazione della gestione nelle relative scritture.
Una efficace gestione organizzativa, di controllo contabile e amministrativo consente infatti di far emergere eventuali segnali di crisi prima che questa diventi irreversibile e di dare la possibilità di rimozione tempestiva delle cause con interventi mirati e immediati volti alla continuità aziendale.
In tale contesto, la costruzione di adeguati assetti organizzativi può essere offerta proprio dai compliance programs 231 che, regolamentando le modalità di formazione delle decisioni aziendali e la gestione delle risorse finanziare, oltre a prevenire i reati presupposto di cui al d.lgs. 231/2001 e a garantire lo svolgimento dell’attività d’impresa nel rispetto della legge, hanno importanti riflessi anche sul controllo di gestione e, soprattutto, sulla prevenzione della crisi aziendale consentendo l’emergere di fattori di rischio e interventi tempestivi per la loro rimozione.
L’idea a cui aspira il Legislatore con la riforma è, quindi, evidentemente, quella di veder interagire il modello 231 con gli assetti del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza, prevedendo all’interno della struttura societaria una rete di interconnessione tra le procedure 231 e le procedure di allerta del Codice della crisi d’Impresa, attraverso la previsione di modalità operative volte al consolidamento dei rapporti tra la governance, gli organi di controllo e quelli di vigilanza della società.
Questo approccio integrato tra le due discipline consentirebbe all’imprenditore di attivare un sistema di protezione da rischi, interni ed esterni, che possono compromettere non solo la competitività ma, soprattutto, la continuità operativa e lo “stato di salute” della stessa.
Il sistema di gestione della crisi potrà così beneficiare di un apparato di prevenzione dei rischi, quale quello maturato in 20 anni di prassi 231; attraverso i flussi informativi sulle attività c.d. sensibili, le verifiche periodiche, o la valutazione di segnalazioni ricevute, l’organismo di vigilanza potrà ad esempio venire a conoscenza anche di fatti aziendali indicatori di una potenziale crisi dell’impresa.
In conclusione, l’integrazione del Modello 231 con il sistema di gestione della crisi rappresenterebbe uno strumento efficace non solo per la prevenzione dei reati presupposto ma anche per la rilevazione tempestiva della crisi d’impresa al fine di evitare il fallimento e garantire la continuità aziendale.
avv. Federica Beltrame