La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 25050/2021, pubblicata il 16 settembre 2021, ha disposto che anche chi sia stato dichiarato fallito possa essere nominato e/o permanere nella carica di amministratore di srl, affermando altresì che l’autonomia statutaria riconosciuta alle srl consente di introdurre nello statuto apposite clausole, che prevedano delle particolari cause di ineleggibilità e/o decadenza degli amministratori delle società, nonché specifiche ipotesi di esclusione dei soci per “giusta causa”, legate anche all’eventuale fallimento di uno di loro. Da ciò si evince la volontà di non “sacrificare” l’imprenditore fallito a meno che non sia lo statuto societario a prevederlo, consentendogli di assumere o conservare la carica di amministratore della società.
Occorre, quindi, accertare nel caso concreto la volontà dei contraenti, quale risultante dallo statuto societario, per verificare se abbiano voluto richiamare cause di ineleggibilità o decadenza degli amministratori o se, invece, abbiano voluto svincolarsi da esse.
Il legislatore non ha, infatti, previsto per le srl un’applicazione in via analogica né tantomeno un rinvio all’art. 2382 c.c. che, in tema di società per azioni, dispone come “Non può essere nominato amministratore e se nominato decade dal suo ufficio, l’internato, l’inabilitato, il fallito o chi è stato condannato ad una pena che importa l’interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l’incapacità ad esercitare uffici direttivi”.
Un ruolo centrale nell’emanazione della suddetta ordinanza della Suprema Corte è stato svolto dalla riforma del diritto societario del 2003. Sino a tale data, infatti, la società a responsabilità limitata altro non era se non una “piccola società per azione, organizzata a mo’ di ricalco di questo modello normativo”, mentre successivamente i due modelli organizzativi sono stati distinti in maniera significativa. Il modello srl appare ora più elastico e flessibile, “imperniato fondamentalmente su una considerazione delle persone dei soci e dei loro rapporti personali”, volto altresì “a consentire il reinserimento nell’attività imprenditoriale delle persone dichiarate fallite”. Viceversa, il modello operativo delle spa, destinato ad imprese di grandi dimensioni, è “provvisto di una disciplina tendenzialmente rigida” che non lascia “particolari margini di adattamento agli intendimenti e bisogni concreti delle persone dei soci”.
Proprio la differenziazione tra il modello della spa e quello della srl giustifica previsioni statutarie non coincidenti in ordine alle cause di ineleggibilità e decadenza dei soggetti destinati a gestire le due diverse forme organizzative dell’attività di impresa.
Resta fermo, comunque, anche per le srl il divieto per i soggetti interdetti o inabilitati di ricoprire la carica di amministratore della società stessa.
avv. Federica Boga