FOCUS | La composizione negoziata della crisi di impresa: inquadramento e prime pronunce giurisprudenziali

FOCUS | La composizione negoziata della crisi di impresa: inquadramento e prime pronunce giurisprudenziali

FOCUS | La composizione negoziata della crisi di impresa: inquadramento e prime pronunce giurisprudenziali Francesca Marra

Il D.L n.118/2021, recante “Misure urgenti in materia di crisi d’ impresa e di risanamento aziendale”, ha introdotto, a partire dal 15 novembre 2021, la Composizione Negoziata della Crisi d’Impresa (CNC), nuovo strumento di ausilio per le imprese in difficoltà, che pare destinato ad assumere un ruolo fondamentale in un contesto, quale è quello attuale, caratterizzato dal notevole aumento delle situazioni di dissesto causate dagli effetti rovinosi della pandemia e sul quale stanno andando ad impattare le conseguenze negative dei recenti eventi bellici.

Ciò a maggior ragione ove si consideri che il Consiglio dei Ministri, il 17 marzo u.s., ha approvato lo schema del decreto legislativo con le modifiche al codice della crisi di impresa e dell’insolvenza (in attuazione della direttiva UE 2019/1023), che inserisce la disciplina della CNC (arricchita degli strumenti di segnalazione dei creditori qualificati e comunicazione da parte degli istituti di credito) all’interno del codice stesso in sostituzione delle procedure di allerta e di composizione assistita.

La CNC è una procedura avente natura volontaria, negoziale e stragiudiziale, finalizzata “agevolare il risanamento di quelle imprese che, pur trovandosi in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario tali da rendere probabile la crisi o l’insolvenza, hanno le potenzialità necessarie per restare sul mercato, anche mediante la cessione dell’azienda o di un ramo di essa”(intendendosi per squilibrio patrimoniale la situazione aziendale in cui vengono meno i rapporti corretti tra impieghi e fonti di finanziamento, i rapporti ottimali fra capitale proprio e capitale di terzi, i rapporti opportuni tra attivo immobilizzato e attivo circolante e per squilibrio economico-finanziario la condizione che si manifesta come inadeguatezza dei flussi di cassa prospettici a far fronte regolarmente alle obbligazioni pianificate).

Il ricorso alla CNC può dunque essere effettuato laddove l’impresa si trovi uno stato di pre-crisi oppure di crisi conclamata purché, però, sussista una ragionevole possibilità che essa ritorni in bonis, proseguendo la propria attività in modo diretto o indiretto.

In tale contesto assume un ruolo importante l’organo di controllo societario che deve segnalare per iscritto all’organo amministrativo l’esistenza dei presupposti per la presentazione dell’istanza di negoziazione, motivando la segnalazione e fissando un congruo termine entro il quale l’organo amministrativo deve riferire in ordine alle iniziative intraprese.

Per valutare se vi siano le condizioni di accesso alla procedura, l’imprenditore può effettuare un test di autodiagnosi predisposto dalla Camera di Commercio e disponibile sulla Piattaforma telematica nazionale (link: www.composizionenegoziata.camcom.it) che permette di verificare la ragionevole perseguibilità del risanamento attraverso il rapporto fra l’entità del debito che deve essere ristrutturato e quello dei flussi liberi che possono essere annualmente posti al suo servizio.

Possono ricorrere alla CNC tutti gli imprenditori commerciali ed agricoli, iscritti al registro delle imprese, che esercitino l’attività sia in forma collettiva che in forma individuale e a prescindere dalle dimensioni. La procedura è quindi fruibile anche dalle imprese non fallibili (c.d. “sotto soglia”).

È tuttavia preclusa la possibilità di accesso ove l’imprenditore abbia già proposto domanda di omologazione di un accordo di ristrutturazione, di ammissione al concordato preventivo o alle procedure di ristrutturazione dei debiti o di liquidazione dei beni di cui agli artt. 7 e 14 ter della l. n. 3/2012.

L’ammissione alla CNC prende avvio con l’istanza dell’imprenditore inserita nella piattaforma telematica accompagnata da specifica documentazione (bilancio degli ultimi tre esercizi, elenco dei creditori, piano finanziario per i successivi sei mesi, iniziative industriali che si intendono assumere, dichiarazione sulla pendenza di eventuali ricorsi per la dichiarazione di fallimento, altre informazioni sulla situazione debitoria).

Ricevuta la richiesta, una Commissione istituita presso la Camera di Commercio nel cui ambito di trova la sede legale dell’impresa nomina l’esperto, professionista indipendente, in possesso di approfondite competenze in materia ed appositamente formato.

L’esperto ricopre un ruolo fondamentale nella CNC, in quanto, operando nell’ottica del perseguimento dell’obiettivo della continuità aziendale e della migliore soddisfazione dei creditori, da un lato, ha il compito di agevolare le trattative fra l’imprenditore, i creditori pubblici e privati e gli altri stackeholders e, dall’altro, costituisce una garanzia sia della correttezza del comportamento dell’imprenditore – dovendo vigilare sulla sua condotta nel corso delle trattative e segnalare, dissociandosene, se questi stia ponendo in essere atti pregiudizievoli per la appropriata esecuzione del piano di risanamento – sia della credibilità e fattibilità del piano, avendo la possibilità di decretare in qualsiasi momento l’intervenuta mancanza del presupposto del risanamento e, quindi, di chiedere l’archiviazione della pratica di composizione negoziata.

 A seguito della nomina e dell’accettazione dell’incarico, l’esperto negoziatore, qualora ravvisi concrete possibilità di risanamento dell’impresa, convoca i creditori e le parti interessate al percorso di risanamento e prospetta le possibili strategie di intervento individuate dall’imprenditore, fissando poi successivi incontri con cadenza ravvicinata.

 Ove invece l’esperto, ricevuto l’incarico non si convinca della bontà del piano di risanamento ne deve dare notizia all’imprenditore ad al Segretario della Camera di Commercio che dispone l’archiviazione del procedimento.

Durante il percorso di negoziazione, che ha una durata di 180 giorni, estendibili per altri 180 giorni sull’accordo delle parti, l’esperto assiste l’imprenditore (che, comunque, conserva il suo potere di gestione dell’impresa), sorvegliando sull’esecuzione degli atti da questi posti in essere e verificando che non arrechino pregiudizio ai creditori ed all’integrità patrimoniale dell’impresa.

Esaurite le trattative, l’imprenditore e le parti coinvolte con la facilitazione dell’esperto nominato possono individuare le seguenti soluzioni idonee al superamento della situazione di crisi:

  • un accordo, con uno o più creditori, idoneo ad assicurare la continuità aziendale per un periodo non inferiore a due anni secondo la relazione finale dell’esperto;
  • una convenzione di moratoria con i creditori, avente ad oggetto le scadenze dei crediti, la rinuncia agli atti o la sospensione delle azioni esecutive;
  • un accordo sottoscritto da tutte le parti coinvolte nella negoziazione, controfirmato dall’esperto, che produce gli effetti del piano attestato ai sensi dell’art. 67, comma 3, lett. d), L. Fall. (esenzione della revocatoria degli atti, dei pagamenti e delle garanzie posti in essere in esecuzione dello stesso), senza la necessità dell’attestazione;
  • un accordo di ristrutturazione dei debiti, ai sensi degli artt. 182-bis, 182-septies e 182-novies L. Fall.

Nel caso in cui, invece, siano decorsi i 180 giorni di durata massima iniziale della CNC senza che si sia raggiunta una soluzione adeguata al superamento degli squilibri che hanno dato luogo alla richiesta di nomina dell’esperto, quest’ultimo deve considerare concluso il proprio incarico e redigere una relazione finale che inserisce in piattaforma, comunicandola all’imprenditore e al Tribunale nel caso in cui fossero state richieste misure cautelari.

L’imprenditore, in tal caso, può accedere al concordato semplificato per la liquidazione dei beni, mediante presentazione, nei 60 giorni successivi alla comunicazione della relazione da parte dell’esperto, di una proposta di concordato per cessione dei beni. Il concordato viene omologato dal Tribunale qualora la proposta non arrechi pregiudizio ai creditori, rispetto all’alternativa della liquidazione fallimentare e, comunque, assicuri utilità a ciascun creditore.

L’imprenditore sotto soglia, ove all’esito delle trattative non sia possibile raggiungere un accordo, può sempre ricorrere ad una delle procedure di cui alla L. n. 3/2012 (sovraindebitamento).

Al fine di esperire utilmente il procedimento di CNC, l’articolo 6 del D.L. 118/2021 consente all’imprenditore in crisi che accede alla composizione negoziata di chiedere l’attivazione delle misure protettive, che consistono nel divieto per i creditori di acquisire titoli di prelazione non concordati e di iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul suo patrimonio.

La richiesta può essere effettuata con l’istanza di nomina dell’esperto o successivamente. L’istanza è pubblicata nel registro delle imprese unitamente all’accettazione dell’esperto. Le misure hanno effetto dal giorno della pubblicazione. Quando l’imprenditore formula la richiesta di misura di protezione deve chiedere la conferma o la modifica al Tribunale fallimentare con istanza depositata il medesimo giorno.

Il Tribunale ha un importante ruolo di garanzia nell’applicazione delle misure protettive. Infatti, entro 10 giorni dal deposito del ricorso, fissa l’udienza per la comparizione delle parti, nel corso della quale provvede agli atti istruttori necessari a pronunciarsi sulla conferma o sulla modifica delle misure protettive e sull’accoglimento degli eventuali provvedimenti cautelari e, terminata l’istruttoria, decide se confermare o meno le misure determinandone la durata. Su richiesta dell’imprenditore, il Tribunale può anche limitarne l’applicazione a parte dei creditori o a determinate loro iniziative.

Le misure protettive hanno durata non inferiore a 30 e non superiore a 120 giorni prorogabili sino ad un massimo di 240 giorni. Decorso tale termine, se le trattative ancora non sono terminate, le misure si intenderanno inefficaci ed i creditori riacquistano la possibilità di avviare azioni personali nei confronti del debitore.

Sono tuttavia espressamente escluse le misure protettive per i diritti di credito dei lavoratori. Pertanto, a differenza di quanto avviene per le procedure concorsuali, i lavoratori possono iniziare o proseguire azioni esecutive nei confronti del patrimonio dell’imprenditore.

Per contro, non sono inibiti i pagamenti da parte dell’imprenditore (il quale, infatti, continua a gestire l’impresa senza vincoli di par condicio), e, fino alla conclusione delle trattative ovvero all’archiviazione dell’istanza di composizione negoziata, è impedita la pronuncia di fallimento o di accertamento dello stato del passivo.

I creditori interessati dalle misure protettive non possono rifiutare l’adempimento dei contratti pendenti o chiederne la risoluzione, né tanto meno possono anticipare la scadenza o modificarli in danno dell’imprenditore per il solo fatto del mancato pagamento dei crediti anteriori rispetto alla data di pubblicazione dell’istanza.

I creditori o l’esperto possono richiedere la revoca delle misure cautelari, nel caso in cui non soddisfino l’obiettivo di assicurare il buon esito delle trattative o appaiano sproporzionate al pregiudizio arrecato ai creditori.

Delineato l’ambito operativo della CNC, seppur senza pretesa di esaustività e tralasciando, per ragioni di sintesi, gli aspetti strettamente procedurali, si ritiene infine utile evidenziare gli orientamenti che emergono dai primi provvedimenti giudiziali resi in materia, in particolare in tema di misure protettive.

Una delle prime pronunce ha chiarito che l’accettazione dell’esperto costituisce presupposto fondamentale per l’avvio della procedura di CNC, sicché, in carenza dell’accettazione, al tribunale non può essere richiesto di confermare o modificare effetti protettivi che non si sono mai prodotti (Tribunale di Brescia, 2 dicembre 2021).

Differentemente, anche in mancanza della nomina dell’esperto, è stato ritenuto possibile autorizzare l’imprenditore a contrarre finanziamenti prededucibili (Tribunale di Treviso, 22 dicembre 2021).

Per quanto riguarda la documentazione da allegare all’istanza di composizione negoziata è stato ritenuto dal Tribunale di Milano che seppure debitore abbia un onere di allegazione ben preciso, insoddisfatto il quale si dovrebbe ritenere che l’incompletezza della pratica impedisca la pubblicazione nel registro delle imprese e quindi, in definitiva, il prodursi degli effetti delle misure protettive –  una volta che la pubblicazione sia stata consentita, appare esercitabile il potere-dovere di integrazione della documentazione da parte del Tribunale in composizione monocratica, atteso l’evidente favor legislativo per la composizione negoziata. (Tribunale Milano, 28 dicembre 2021).

Il mancato reale avvio delle trattative con i creditori non è stato ritenuto ostativo alla conferma delle misure protettive a condizione che l’esperto confermi che, anche in assenza di un piano compiuto, il risanamento appaia ragionevolmente perseguibile alla luce del test pratico, che le situazioni contabili siano corrette ed affidabili e che l’assetto amministrativo della società sia adeguato (Tribunale di Firenze, 29 dicembre 2021).

Il Tribunale di Milano ha poi argomentato che le misure protettive determinano la sola sospensione, e non l’inefficacia, delle procedure esecutive già instaurate, non consentendo quindi la liberazione delle somme già colpite da pignoramento, che rimangono indisponibili per il debitore, sino all’esito della composizione (Tribunale di Milano, 27 gennaio 2022).

Per quanto, invece, riguarda l’ampiezza delle misure protettive, l’orientamento che emerge dalla lettura dei primi provvedimenti non è univoco. Il Tribunale di Firenze, con la decisione 29 dicembre 2021 sopra citata ha confermato le misure protettive richieste erga omnes e parimenti ha fatto il Tribunale di Milano con la pronuncia 26 gennaio 2022. Differentemente il Tribunale di Roma ha utilizzato un criterio di conferma selettiva delle misure di protezione, ritenendo che i creditori ai quali sono inibite le attività previste dall’art. 6 non siano tutti quelli esistenti ma soltanto quelli indicati dal debitore istante e concretamente limitati dalle misure richieste, il cui contenuto dovrà poi essere esattamente individuato ed eventualmente limitato dal giudice con l’ordinanza di conferma o modifica. (Tribunale di Roma, 3 febbraio 2022).

avv. Francesca Marra

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