In una situazione di convivenza condominiale intollerabile caratterizzata da atti persecutori tali da modificare le abitudini di vita della vittima e ingenerare uno stato di ansia si configura il delitto di stalking, o meglio di atti persecutori, condominiale.
È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione e da ultimo ribadito dalla Corte d’Appello di Milano, sezione I penale, nella pronuncia dell’8 giugno a conferma della sentenza di condanna di primo grado.
Il recente caso vendeva imputato un condomino per il reato di atti persecutori perché con condotte reiterate aveva molestato e minacciato un altro condomino. Quest’ultimo era stato accusato pubblicamente e falsamente di aver sottratto ingenti quantitativi di denaro dalle casse del condominio, per mesi era stato pedinato al rientro presso la sua abitazione, insultato e minacciato dall’imputato.
Tali comportamenti avevano ingenerato nella vittima uno stato di angoscia tale da indurlo a mutare le proprie abitudini di vita come recarsi spesso fuori casa, farvi rientro ad orari diversi dal solito per rendere meno probabile l’incontro con il reo, nonché modificare il percorso normalmente utilizzato al fine di eventualmente accorgersi preventivamente della presenza del molestatore avanti all’accesso della sua abitazione.
Nel riconoscere integrato il delitto di atti persecutori anche nel caso appena descritto, la Corte d’Appello meneghina ha colto l’occasione per ricordare come il delitto in analisi non richiede che siano posti in essere un ingente numero di atti c.d. persecutori perché il delitto si configuri.
Ed infatti il reato in analisi può essere integrato da “anche solo due condotte tra quelle descritte dall’art. 612 bis cod. pen., come tali idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice”.
Infatti, la caratteristica di questo reato è la reiterazione delle condotte singolarmente individuate che cementano la fattispecie di atti persecutori che per di più si configura anche se le singole azioni illecite siano reiterate in un arco di tempo molto ristretto.
Ulteriormente, è richiesto che la conseguenza di queste condotte illecite sia un “progressivo accumulo del disagio” nella vittima, la quale si ritrova in uno “stato di prostrazione psicologica” tale da causare una modifica delle abitudini di vita, ansia e paura.
La particolarità del reato di atti persecutori condominiali è da rinvenire, come in passato aveva già puntualizzato la Corte di Cassazione (sent. n. 17935/2020), nella convivenza forzata nello stesso edificio, dove, quindi, le angherie subite possono divenire ancora più intollerabili, favorendo la produzione di uno di quegli eventi (lo stato d’ansia, il timore per la propria o l’altrui incolumità, la modifica delle abitudini di vita) che connotano il reato di atti persecutori. Va comunque precisato che il reato di stalking condominiale non è un’ipotesi speciale codificata dal legislatore, bensì una particolare applicazione giurisprudenziale della figura criminosa base del reato di atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p., resa possibile dalla non del tutto tassativa formulazione degli elementi costitutivi della fattispecie legislativamente disciplinata.
avv. Federica Beltrame