Con l’ordinanza n.26198/2022 la Corte di Cassazione ha affermato che è legittimo il licenziamento irrogato al sindacalista per aver usato impropriamente il permesso sindacale, anche per una sola giornata, venendo in rilievo non tanto la mera assenza, quanto un vero e proprio abuso del diritto.
Nella vicenda in commento, un dipendente, che ricopriva la carica di rappresentante sindacale, era stato licenziato per giusta causa dalla società datrice di lavoro, per aver indebitamente fruito di una giornata di permesso sindacale garantito dall’articolo 30 dello Statuto dei Lavoratori, utilizzandolo per finalità personali del tutto estranee alla carica ricoperta.
Il dipendente aveva impugnato giudizialmente il licenziamento irrogatogli dalla società , poiché, riteneva che la datrice di lavoro avesse errato nell’applicazione della disciplina del contratto collettivo, il cui testo prevedeva, in caso di assenza ingiustificata di un giorno, l’adozione di una sanzione conservativa e, solo a fronte di un’assenza ingiustificata superiore a 5 giorni, la sanzione espulsiva.
La Corte d’Appello aveva rigettato la domanda del ricorrente, ritenendo che la condotta allo stesso addebitata fosse riconducibile non tanto alla fattispecie dell’assenza ingiustificata, quanto alla più grave fattispecie dell’abuso del diritto.
La Corte di Cassazione, confermando la sentenza impugnata, ha ritenuto corretta la qualificazione del comportamento del ricorrente, operata dai giudici di merito, nei termini dell’abuso del diritto. Secondo i giudici di legittimità , tale valutazione era, infatti, coerente con l’accertamento in concreto della vicenda, in quanto era emersa non la mera assenza dal lavoro, ma un comportamento del lavoratore ritenuto più grave, in quanto caratterizzato da un quid pluris rispetto alla sola assenza ingiustificata, ovvero l’utilizzazione del permesso sindacale per finalità diverse da quelle istituzionali.
La Suprema Corte ha ritenuto, pertanto, che ciò fosse idoneo ad escludere la riconducibilità della condotta ascritta al lavoratore nella norma del contratto collettivo che comminava una sanzione conservativa all’assenza dal lavoro o all’abbandono ingiustificato del posto di lavoro. Sulla scorta di tale ragionamento, la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso avanzato dal lavoratore, confermando la legittimità del licenziamento irrogatogli.
Avv. Stefania Massarenti