Gli effetti della separazione non vengono meno se le parti continuano a vivere nella casa familiare, laddove un coniuge non l’abbia rilasciata per mera tolleranza dell’altro, proprietario esclusivo, “se la coabitazione non è connotata anche dal mantenimento o dal ripristino della comunione spirituale e materiale di vita tra i coniugi”.
È quanto ha stabilito la prima sezione della Corte di Cassazione che, con ordinanza n. 9839 del 13 aprile 2023, ha ritenuto che la riconciliazione dei coniugi debba manifestarsi “per mezzo di un comportamento inequivoco, che esprima senza possibilità di dubbio la ricostituzione di un progetto di vita comune, connotato da tutti i doveri che discendono dal matrimonio” (ad esempio, la fedeltà e l’assistenza morale e materiale).
Nel caso in esame, il Tribunale di Modena dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario contratto tra Caia e Sempronio, disattendendo l’eccezione di riconciliazione dei coniugi formulata da Caia, che proponeva appello sul punto, ribadendo come la coabitazione tra le parti post separazione escluderebbe la configurabilità dei presupposti per la declaratoria di cessazione degli effetti civili del matrimonio. La Corte d’Appello di Bologna, avendo accertato che tra Caia e Sempronio non sussisteva più un progetto di vita comune, vivendo essi nello stesso immobile ma separatamente, senza alcun rapporto affettivo tra loro e senza nemmeno una collaborazione nella gestione della casa, rigettava la domanda della ricorrente.
Proponeva allora Caia ricorso per cassazione deducendo che la legge italiana non ammette una separazione nella quale, pur venendo meno gli obblighi principali del matrimonio (assistenza morale e materiale, solidarietà e fedeltà) persiste invece quello della coabitazione. Argomentava la ricorrente che presupposto della separazione personale dei coniugi fosse proprio l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza tra le parti, in aperto contrasto con la circostanza che le parti abbiano continuato a vivere sotto lo stesso tetto.
La Corte di Cassazione, interrogata sul punto, ha ritenuto che non fosse intercorsa riconciliazione tra Caia e Sempronio, essendo stata ritualmente dichiarata la loro separazione giudiziale e non essendo stata impugnata la relativa sentenza. La Suprema Corte ha precisato che occorre distinguere tra riconciliazione dei coniugi e il mero protrarsi della loro coabitazione, nonostante l’intervenuta pronuncia di separazione, per motivi economici (ad esempio incapacità di sostenere il pagamento del canone di locazione e delle ulteriori spese connesse alla gestione di un altro immobile). La coabitazione può essere un indizio di riconciliazione ma deve sussistere anche un progetto di vita comune tra le parti. La mera coabitazione non è, infatti, sufficiente a dimostrare la riconciliazione tra coniugi separati, essendo necessario il ripristino della comunione di vita e d’intenti, materiale e spirituale; circostanza che, nel caso in esame, non si è verificata.
avv. Federica Boga