Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, all’amministratore di una società non può essere imputato, a titolo di responsabilità, di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico, atteso che una tale valutazione attiene alla discrezionalità imprenditoriale. Esse possono eventualmente rilevare come giusta causa di sua revoca, ma non come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società.
Da ciò discende che il giudizio sulla diligenza dell’amministratore nell’adempimento del proprio mandato non può mai investire le scelte di gestione o le modalità e circostanze di tali scelte, anche se presentino profili di rilevante alea economica.
Tuttavia, come ha avuto modo di precisare recentemente la Suprema Corte, il principio della insindacabilità del merito delle scelte di gestione (c.d. business judgement rule) “non si applica in presenza di irragionevolezza, imprudenza o arbitrarietà palese dell’iniziativa economica” (così Cass. civ., Sez. I, 25.03.2024, n. 8069).
È, infatti, passibile di valutazione, in sede giudiziale, la diligenza mostrata dall’amministrazione nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere, e quindi, l’eventuale omissione di quelle cautele, verifiche e informazioni normalmente richieste in adempimento dei doveri sociali previsti dall’art. 2392 c.c..
Detto Supremo Giudice è tornato da ultimo sul punto, cassando la sentenza di merito impugnata per avere errato nell’affermare l’assoluta insindacabilità delle scelte gestionali e omesso qualsiasi approfondimento in ordine alla loro prudenza in considerazione dell’oggetto sociale della società e specificando che “ ove i comportamenti degli amministratori che si assumono illeciti non siano in sé vietati dalla legge o dallo statuto e l’obbligo di astenersi dal porli in essere discenda dal dovere di lealtà, coincidente col precetto di non agire in conflitto di interessi con la società amministrata, o dal dovere di diligenza, consistente nell’adottare tutte le misure necessarie alla cura degli interessi sociali a lui affidati, l’illecito è integrato dal compimento dell’atto in violazione di uno dei menzionati doveri” (così Cass. civ., Sez. II, Ord., 20.09.2024, n. 25260).
Resta inteso che, in caso di addebiti inerenti alla violazione dei doveri di cui all’art. 2392 c.c., permane in capo alla società l’onere non soltanto di provare l’atto compiuto dall’amministratore, ma anche di fornire tutti gli elementi di fatto dai quali sia possibile dedurre che la condotta contestata, nel concreto, implica la violazione di detti doveri.
avv. Francesca Marra