La prevenzione delle molestie sessuali rientra nell’obbligo di sicurezza del datore di lavoro sancito dall’art. 2087 c.c. e dall’ art. 26, co. 3-ter, D. Lgs. n. 198/2006, che così recita: “I datori di lavoro sono tenuti, ai sensi dell’articolo 2087 del codice civile, ad assicurare condizioni di lavoro tali da garantire l’integrità fisica e morale e la dignità dei lavoratori, anche concordando con le organizzazioni sindacali dei lavoratori le iniziative, di natura informativa e formativa, più opportune al fine di prevenire il fenomeno delle molestie sessuali nei luoghi di lavoro. Le imprese, i sindacati, i datori di lavoro e i lavoratori e le lavoratrici si impegnano ad assicurare il mantenimento nei luoghi di lavoro di un ambiente di lavoro in cui sia rispettata la dignità di ognuno e siano favorite le relazioni interpersonali, basate su principi di eguaglianza e di reciproca correttezza”.
Le molestie sul lavoro sono considerate in ottica prevenzionistica anche dall’art. 9 della Convenzione OIL (Convenzione sulla violenza e sulle molestie) n. 190/2019.
La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con la sentenza n. 23295 del 31.07.2023, ha affermato: “la legittimità del licenziamento per molestie sessuali presuppone che il reclamante abbia tenuto nei confronti della collega un comportamento indesiderato di natura sessuale, che ha oggettivamente provocato l’effetto lesivo della sua dignità. Non è invece richiesta anche la dimostrazione della intenzione soggettiva del molestatore di tenere un comportamento indesiderato al fine di ledere la dignità della collega”.
La Suprema Corte – confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello di Firenze con sentenza n. 21/2020 – qualifica come molestie tutti quei comportamenti indesiderati, posti in essere per ragioni connesse al sesso, aventi lo scopo o l’effetto di violare la dignità di una lavoratrice o di un lavoratore e di creare un clima intimidatorio, ostile, degradante, umiliante o offensivo.
Nel caso preso in esame, i Giudici di legittimità hanno considerato legittimo il licenziamento per giusta causa di un dipendente che aveva rivolto “allusioni verbali e gestuali a sfondo sessuale” a una collega.
Per gli stessi Giudici non assume rilevanza l’assenza di un’effettiva volontà offensiva – la tutela è fondata sulla oggettività del comportamento e dell’effetto prodotto – e neppure che il clima dei rapporti tra tutti i colleghi fosse spesso scherzoso e goliardico, né il fatto che alla condotta non fossero seguite aggressioni fisiche a contenuto sessuale, in quanto la nozione di molestia risulta integrata dal carattere comunque indesiderato della condotta.
Sulla base di tali presupposti, il datore di lavoro sarà tenuto a mettere in campo azioni preventive: prima fra tutte, integrare il Documento di Valutazione dei Rischi (DVR) con l’analisi del rischio correlato alle molestie e violenze annoverate tra i fattori di rischio per lo stress lavoro correlato.
avv. Stefania Massarenti