“L’irreperibilità del testamento, di cui si provi l’esistenza in un certo tempo mediante la produzione di una copia, è equiparabile alla distruzione, per cui incombe su chi ha interesse alla sua conservazione l’onere di provare che esso fu distrutto lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore oppure che costui non ebbe intenzione di revocarlo”. È quanto stabilito dalla seconda Sezione della Corte di Cassazione con l’ordinanza del 18 febbraio 2025 n. 4137.
Nel caso in esame, l’attore ricorreva in giudizio per sentire dichiarare la nullità del testamento olografo del proprio fratello – deceduto celibe, senza figli e senza ascendenti – e, conseguentemente, dichiararsi applicabile la successione legittima del medesimo.
Il Notaio presso cui il fratello defunto aveva depositato il proprio testamento aveva, infatti, pubblicato la fotocopia di un originario testamento olografo andato perduto, fotocopia recante su ogni pagina la dicitura “copia conforme all’originale” con la sottoscrizione del de cuius che, a detta del ricorrente, non presentava i requisiti richiesti dall’art. 602 c.c. per la sua validità quale testamento olografo.
Sia il Tribunale di prime cure che la Corte di Appello di Venezia rigettavano le domande proposte dall’attore, in quanto ritenevano provata la perdita fortuita dell’originale del testamento olografo avvenuta senza alcun concorso della volontà del testatore e, conseguentemente, non essendo stato il testamento revocato, dichiaravano valido ed efficace il testamento olografo riferibile al de cuius di contenuto identico alla copia fotostatica della scheda testamentaria pubblicata dal Notaio.
La Corte di Appello riteneva, infatti, che la prova della perdita fortuita dell’originale del testamento olografo, avvenuta senza alcun concorso della volontà del testatore, potesse ritenersi acquisita in virtù della mancata contestazione, da parte dell’attore, della copia del testamento olografo oggetto di pubblicazione, della attestazione di conformità della copia all’originale da parte dello stesso defunto e delle dichiarazioni rese in sede di interrogatorio formale dal Notaio chiamato in giudizio, dichiarazioni a quest’ultimo sfavorevoli.
Di diverso avviso è la Suprema Corte, la quale ha accolto il ricorso principale, ritenendo non superata la presunzione di revoca del testamento olografo irreperibile.
Secondo la Cassazione, infatti, l’irreperibilità del testamento, di cui si provi l’esistenza in un certo tempo mediante la produzione di una copia, è equiparabile alla distruzione, per cui incombe su chi vi ha interesse l’onere di provare che esso fu distrutto, lacerato o cancellato da persona diversa dal testatore, oppure che costui non ebbe intenzione di revocarlo.
La prova contraria può essere data, anche per presunzioni, non solo attraverso la prova dell’esistenza del testamento al momento della morte (che darebbe la certezza che il testamento non è stato revocato dal testatore), ma anche provando che il testamento, seppure scomparso prima della morte del testatore, sia stato distrutto da un terzo o sia andato perduto fortuitamente o comunque senza alcun concorso della volontà del testatore stesso.
È ammessa altresì la prova che la distruzione dell’olografo da parte del testatore non era accompagnata dall’intenzione di togliere efficacia alle disposizioni ivi contenute.
La Corte di Cassazione, in contrasto con quanto ritenuto dalla Corte d’Appello di Venezia, ha chiarito che, in presenza di una copia informale dell’olografo, il mancato disconoscimento della conformità all’originale diventa rilevante solo una volta che sia stata superata la presunzione di revoca. Ferma la prioritaria esigenza che sia stata data la prova contraria alla presunzione di revoca, sono applicabili al testamento le norme dell’art. 2724 c.c., n. 3 e art. 2725 c.c., sui contratti. È, quindi, ammessa ogni prova, compresa quella testimoniale e per presunzioni, sull’esistenza del testamento, purché – beninteso – la scomparsa non sia dovuta a chi chiede la ricostruzione del testamento.
avv. Federica Boga