SLM | NEWS Dissesto dell’ente locale: è ragionevole sciogliere il Consiglio per tardiva presentazione del bilancio previsionale riequilibrato? La parola alla Consulta.

SLM | NEWS Dissesto dell’ente locale: è ragionevole sciogliere il Consiglio per tardiva presentazione del bilancio previsionale riequilibrato? La parola alla Consulta.

SLM | NEWS Dissesto dell’ente locale: è ragionevole sciogliere il Consiglio per tardiva presentazione del bilancio previsionale riequilibrato? La parola alla Consulta. 1400 800 Gregorio Paroni

Nell’ambito della procedura di risanamento del dissesto finanziario degli enti locali, l’art. 259, comma 1 del D. Lgs. n. 267/2000 (T.U.E.L.) prevede che “Il consiglio dell’ente locale presenta al Ministro dell’interno, entro il termine perentorio di tre mesi dalla data di emanazione del decreto di cui all’articolo 252 [il D.P.R. di nomina dell’organo straordinario di liquidazione, n.d.r.], un’ipotesi di bilancio di previsione stabilmente riequilibrato”.

Ulteriore termine – anch’esso espressamente qualificato come “perentorio” e pari a 45 giorni – è stabilito dall’art. 261, comma 4 del T.U.E.L. per la presentazione di una nuova ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato, susseguente all’istruttoria negativa della Commissione per la stabilità finanziaria degli enti locali.

Nel caso di inosservanza dei predetti termini, la sanzione oggi prevista dall’ordinamento è di particolare gravità.

L’art. 262, comma 1 del T.U.E.L. dispone infatti che “l’inosservanza del termine per la presentazione dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato o del termine per la risposta ai rilievi e dalle richieste di cui all’articolo 261, comma 1, o del termine di cui all’articolo 261, comma 4, […] integrano l’ipotesi di cui all’articolo 141, comma 1, lettera a)”: ossia, conducono allo scioglimento dell’organo consiliare.

L’inadempimento rispetto all’onere di presentazione del bilancio previsionale stabilmente riequilibrato entro i termini perentori di legge risulta dunque equiparato, quanto a conseguenze per l’Amministrazione, alle ipotesi di “atti contrari alla Costituzione”, di “gravi e persistenti violazioni di legge” e di “gravi motivi di ordine pubblico previste dalla lettera a) dell’art. 141, comma 1 del T.U.E.L.: tutte circostanze che, ictu oculi, ben più ragionevolmente giustificano una misura sanzionatoria di tale portata.

Il tema è stato di recente affrontato dalla Sezione I del T.A.R. Campania – Napoli con l’ordinanza del 10 aprile 2025 n. 711, che, in accoglimento della richiesta formulata della difesa di un Comune in relazione a ricorso proposto da consiglieri di minoranza e inteso a impugnare la delibera consiliare approvativa dell’ipotesi di bilancio comunale stabilmente riequilibrato, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in relazione agli artt. 3, 5, 51, 97 e 114 della Costituzione, con riguardo agli artt. 259, comma 1 e 261, comma 4 del T.U.E.L., limitatamente all’aggettivo “perentorio” in essi contenuto, nonché all’art. 262, comma 1 del medesimo Testo Unico, limitatamente alla previsione della sanzione dello scioglimento del Consiglio dell’ente in caso di inosservanza dei termini previsti dalle due disposizioni sopra indicate.

Segnatamente, il dubbio di costituzionalità manifestato dal Giudice Amministrativo discende dall’irragionevolezza di disposizioni che comportano il trattamento diseguale di situazioni consimili (elusione del termine per presentare il bilancio stabilmente riequilibrato, comportante la descritta conseguenza sanzionatoria, e mancata approvazione nei termini del bilancio comunale ordinario, per la quale è invece ammesso l’esercizio del potere sollecitatorio del Prefetto ex art. 141, comma 2 del T.U.E.L.), in violazione dei principi di uguaglianza e buon andamento dei pubblici uffici (artt. 3 e 97 Cost.) e con gravi riflessi sull’esigenza di tutela delle autonomie locali (artt. 5 e 114 Cost.), nonché del diritto di ogni cittadino di accedere alle cariche elettive e di conservarle (art. 51 Cost.).

Al riguardo, il T.A.R. ha condivisibilmente evidenziato che, mentre il compimento di atti contrari a norme costituzionali o la grave e persistente violazione di legge “possono essere accomunati dalla connotazione in termini assolutamente negativi dell’operato dell’Ente locale, il quale si pone in aperta contraddizione con l’ordinamento statuale e ne sconfessi i principi”, nel caso di mancata presentazione nei termini dell’ipotesi di bilancio stabilmente riequilibrato fanno viceversa difetto sia “la volontà preordinata a disattendere le norme fondamentali dello Stato”, sia “il connotato di un operato che si contraddistingua per la gravità e persistenza del comportamento negativo od omissivo dell’Ente locale”.

Quanto poi ai “gravi motivi di ordine pubblico”, secondo il Tribunale Amministrativo campano, in capo all’ente tardivamente adempiente “non è individuabile un comportamento che vi contravvenga, tenuto conto che la nozione attiene alla sicurezza e alla quiete pubblica e non può confondersi, in un’accezione lata, con la tutela del buon funzionamento degli uffici” (assunto in linea con insegnamento giurisprudenziale risalente a Corte Cost. n. 40/1961).

Non pare in effetti difficile scorgere, nel caso in esame, quella “contraddittorietà intrinseca tra la complessiva finalità perseguita dal legislatore e la disposizione espressa dalla norma censurata” in cui la Consulta, oggi investita della questione di legittimità costituzionale, tradizionalmente ravvisa la lesione del principio di ragionevolezza che deve sempre informare il dettato normativo (cfr., ad esempio, Corte Cost. n. 223/2022).

avv. Gregorio Paroni

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