Su proposta del Presidente Draghi e del Ministro della Giustizia Cartabia, in data 19 marzo 2021 è stato emanato un decreto legge contenente “misure urgenti sulla disciplina sanzionatoria in materia di sicurezza alimentare”, allo scopo di evitare l’effetto abrogativo di tutte le disposizioni sanzionatorie di carattere penale e amministrativo della legge 30 aprile 1962, n. 283, realizzato con il decreto legislativo 2 febbraio 2021, n. 27 che sarebbe entrato in vigore il 26 marzo.
Del tutto inaspettatamente, infatti, il d.lgs. 2 febbraio 2021, n. 27, nell’adeguare la normativa nazionale alle disposizioni del regolamento (UE) 2017/625 in materia di controlli ufficiali sugli animali e le merci provenienti dagli altri Stati membri dell’Unione e delle connesse competenze degli uffici veterinari per gli adempimenti comunitari del Ministero della salute (ai sensi dell’articolo 12, comma 3, lettere f) e i) della legge 4 ottobre 2019, n. 117), abrogava buona parte dei reati sulla sicurezza alimentare contenuti nella legge n. 283/1962.
Il Legislatore aveva inserito nel suddetto decreto legislativo una norma, l’art. 18, laddove alla lettera b che prevedeva l’abrogazione della legge 283/1962 ad eccezione degli artt. 7, 10 e 22.
Quindi, mentre il Legislatore Europeo fissava i principi e i criteri per l’adeguamento della normativa nazionale al reg. (UE) n. 625/2017 onde armonizzare, a livello europeo, i controlli dell’intera filiera agroalimentare, in realtà, il d.lgs. 27/2021 eliminava quasi tutta la vecchia legge del 1962.
Un intervento (consapevole?) di non poco conto in quanto si traduceva nell’eliminazione di un assetto normativo che costituiva l’intero comparto del diritto penale della sicurezza agroalimentare: tutto ciò in controtendenza non solo rispetto alla legislazione europea ma anche ai progetti di riforma in materia, tutti orientati a una implementazione dello strumento penale – con estensione della responsabilità anche all’ente ex d.lgs. 231/2001 – in considerazione dei beni giuridici coinvolti e dell’entità del fenomeno delle frodi agroalimentari (con incrementi esponenziali ogni anno).
Non poche le perplessità espresse da più parti e da ultimo dalla stessa Corte di Cassazione in quanto a causa di questa abolitio criminis, perché di ciò si sarebbe trattato, tutte le condotte contemplate all’art. 5 della l. 283/62 che proteggeva il consumatore dall’impiego di sostanze alimentari dannose per la salute (quali quelle a) private anche in parte dei propri elementi nutritivi o mescolate a sostanze di qualità inferiore o comunque trattate in modo da variarne la composizione naturale, salvo quanto disposto da leggi e regolamenti speciali; b) in cattivo stato di conservazione; c) con cariche microbiche superiori ai limiti che saranno stabiliti dal regolamento di esecuzione o da ordinanze ministeriali; g) con aggiunta di additivi chimici di qualsiasi natura non autorizzati con decreto del Ministro per la sanità o, nel caso che siano stati autorizzati, senza l’osservanza delle norme prescritte per il loro impiego; h) che contengano residui di prodotti, usati in agricoltura per la protezione delle piante e a difesa delle sostanze alimentari immagazzinate, tossici per l’uomo) non costituivano più reato, con notevoli conseguenze sia sotto il profilo sostanziale ma anche processuale.
Tale scelta legislativa avrebbe coinvolto anche i fatti pregressi in ragione del noto principio della successione di leggi penali di cui all’art. 2, comma 2, c.p. con conseguente eliminazione di sanzioni e condanne.
A ciò si aggiunga che la tutela penale approntata dalla l.283/1962 consentiva interventi, controlli e ispezioni di polizia giudiziaria, con sequestri finalizzati a impedire la commissione di ulteriori e ben più gravi reati previsti dal Codice Penale che coinvolgono la salute pubblica.
Con l’intervento urgente del 19 marzo si è così evitato di creare un vuoto di tutela per un settore davvero strategico per il nostro Paese.
Vi è da chiedersi se questo art. 18 del d.lgs. n. 27/21 fosse frutto di un errore oppure di una scelta politica consapevole di cui, però, si fatica a ravvisare le ragioni.
avv. Monica Alberti