Con l’ordinanza 9 aprile 2020 n. 2332, la Sezione V del Consiglio di Stato ha rimesso all’Adunanza plenaria l’interpretazione dell’art. 80, comma 5, del D.Lgs. n. 50/2016 e, in particolare, la questione relativa alla portata, alla perimetrazione e agli effetti degli obblighi dichiarativi gravanti sugli operatori economici che partecipano alle procedure pubbliche di affidamento, con specifico riguardo all’individuazione dei presupposti per l’imputazione della falsità dichiarativa e delle differenze intercorrenti con l’omessa dichiarazione, ai sensi dell’art. 80, comma 5, lettere c) e f-bis), del predetto Codice dei contratti pubblici.
Il tema è da anni dibattuto.
Se una parte della giurisprudenza qualifica tale obbligo come servente ed essenzialmente strumentale,finalizzato cioè a mettere la stazione appaltante in condizione di conoscere tutte le circostanze rilevanti per l’apprezzamento dei requisiti di moralità e meritevolezza soggettiva, secondo un’altra interpretazione l’obbligo del concorrente avrebbe natura finale: l’obbligo dichiarativo/informativo sarebbe cioè dotato di autonoma rilevanza e l’omissione, la reticenza e l’incompletezza diventerebbero equiparabili alla decettività e alla falsità, in quanto figure di per sé sintomatiche di un grave illecito professionale.
In questa ultima prospettiva, l’elencazione degli illeciti professionali di cui al riferito art. 80, comma 5, ha un carattere meramente esemplificativo, essendo rilevante ogni vicenda pregressa, anche non tipizzata, dell’attività professionale dell’operatore economico di cui fosse accertata la contrarietà a un dovere posto da una norma civile, penale o amministrativa.
Al contrario, secondo il primo orientamento citato, un simile obbligo informativo generalizzato sarebbe eccessivamente oneroso per il concorrente, nonché eccessivamente esteso sotto il profilo temporale, in violazione dell’art. 57, § 7, della Direttiva 2014/24/UE (che ha fissato in tre anni dalla data del fatto la rilevanza del grave illecito professionale; cfr. linee guida ANAC n. 6/2016, precedute dal parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286/2016 del 26 ottobre 2016).
Ad avviso della V Sezione del Consiglio di Stato va quindi, in primo luogo, garantita la tassatività sostanziale dei motivi di esclusione (principio espresso dall’art. 83, co. 8, del Codice dei contratti), attraverso una sufficiente tipizzazione, determinatezza e ragionevole prevedibilità delle regole operative e dei doveri informativi.
In secondo luogo, è necessario differenziare la posizione del concorrente che abbia fornito, anche per negligenza, informazioni false o fuorvianti (queste ultime da intendersi come manipolatorie di dati reali), rispetto alla posizione del concorrente reticente che abbia omesso le informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, stante sia la diversa natura degli obblighi che le diverse conseguenze.
Sotto il primo profilo, la falsità costituisce frutto del mero apprezzamento di un dato di realtà, cioè di una situazione fattuale per la quale possa porsi l’alternativa logica vero/falso, accertabile automaticamente, senza alcun giudizio discrezionale, anche in sede giudiziale, in virtù della pienezza dell’accesso al fatto garantita dalle regole del processo amministrativo (art. 64 D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104).
Viceversa, dovendo essere valutate le circostanze taciute per accertare se siano idonee a dimostrare l’inaffidabilità del concorrente, la valutazione nel merito dell’omissione – e quindi dell’attendibilità e dell’integrità dell’operatore economico – spetta unicamente alla stazione appaltante e, in quanto frutto di un apprezzamento ampiamente discrezionale, non potrebbe essere rimessa all’organo giurisdizionale.
Inoltre, mentre le dichiarazioni false, ovvero non veritiere, comportano sempre l’esclusione dalla procedura (nonché la segnalazione all’ANAC, da parte della stazione appaltante, ex art. 80 comma 12 del Codice Appalti e la possibile iscrizione nel Casellario, destinata a operare anche nelle gare successive), per le dichiarazioni semplicemente omesse – ad avviso del Consiglio di Stato – si pone la menzionata alternativa tra la tesi dell’automatica esclusione, sostenuta da chi aderisce alla tesi formalistica della natura finale dell’obbligo dichiarativo, e la tesi della rimessione al previo e necessario filtro valutativo della stazione appaltante in merito all’affidabilità dell’operatore economico, affermata dalla giurisprudenza che ha interpretato l’obbligo dichiarativo del concorrente quale obbligo strumentale, in chiave sostanzialistica.
A fronte del rilevato contrasto giurisprudenziale, l’ordinanza in commento ha operato il rinvio della questione all’Adunanza Plenaria, alla quale viene quindi demandato il compito di tipizzare – in senso sostanziale – le cause di esclusione conseguenti alla violazione degli obblighi dichiarativi, fornendo parametri, limiti e regole che le rendano ragionevolmente prevedibili e, quindi, sindacabili, in modo da limitare la disparità di trattamento tra gli operatori, generata dalla ampia discrezionalità applicativa della P.A. delle cause di esclusione e dalle oscillazioni giurisprudenziali, così da contemperare l’interesse dell’Amministrazione a individuare un operatore economico affidabile con quello della massima partecipazione e della certezza delle regole di condotta imposte ai concorrenti della procedura di gara.
avv. Alessandra Brignoli