La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con sentenza n. 6915 pubblicata l’ 11 marzo 2021 si è espressa circa l’applicabilità dell’istituto del recesso per giusta causa, previsto dall’art. 2119 cod. civ. per i rapporti di lavoro subordinato, anche ai contratti di agenzia.
La Suprema Corte, nel confermare l’applicabilità di tale istituto anche ai rapporti di agenzia, ha sottolineato come, ai fini della valutazione della gravità della condotta, occorre tener conto che, nell’ambito dei rapporti di agenzia, il rapporto di fiducia assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato. Ne consegue che, ai fini della legittimità del recesso, è sufficiente un fatto di minore consistenza, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito insindacabile in sede di legittimità, se adeguatamente e correttamente motivata.
La pronuncia della Suprema Corte trae origine da una sentenza della Corte di Appello di Roma che aveva respinto il ricorso proposto da un agente avverso il recesso per giusta causa intimatogli dalla società preponente.
Nel caso di specie la Corte territoriale aveva accertato che, durante lo svolgimento del rapporto di agenzia, l’agente aveva contattato altri collaboratori della mandante con la finalità di coinvolgerli in un’attività di impresa in concorrenza con la stessa.
A parere dei giudici del merito tale condotta aveva integrato la violazione dell’art. 1746 cod. civ. secondo il quale, nell’esecuzione dell’incarico, l’agente deve tutelare gli interessi del preponente ed agire nel rispetto dei principi di lealtà e buona fede. La Corte territoriale era giunta alla conclusione che la violazione di tali doveri, costituisse un comportamento in contrasto con i doveri essenziali dell’agente integrando un’ipotesi di giusta causa di recesso ex art. 2119 cod. civ.
Avverso la sentenza della Corte d’Appello, l’agente ricorreva in Cassazione.
La Corte di Cassazione, nel respingere il ricorso presentato dall’agente, ha ribadito che “l’istituto del recesso per giusta causa ex art. 2119 c.c. è applicabile anche al contratto di agenzia, dovendosi tuttavia tener conto, per la valutazione della gravità della condotta che in quest’ultimo ambito il rapporto di fiducia– in corrispondenza della maggiore autonomia di gestione dell’attività per luoghi, tempi, modalità e mezzi in funzione del conseguimento delle finalità aziendali –assume maggiore intensità rispetto al rapporto di lavoro subordinato”.
Ne consegue, sempre a parere della Corte, che “ai fini della legittimità del recesso,è sufficiente un fatto di minore consistenza, secondo una valutazione rimessa al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità se adeguatamente e correttamente motivata”.
Sulla base di tali presupposti, la Corte di Cassazione ha confermato che, nel caso in esame, la condotta tenuta dall’agente, suscettibile anche in via meramente potenziale di recare un danno alla preponente, costituisse un comportamento in contrasto con i doveri essenziali allo stesso riconducibili ed integrasse gli estremi di una giusta causa di recesso ex art.2119 c.c., indipendentemente dall’esito positivo o meno dell’iniziativa.
avv. Stefania Massarenti