Con la recente sentenza n. 24556 del 5 ottobre 2018 la Cassazione si è occupata del risarcimento del pregiudizio della perdita anticipata del rapporto parentale subìto dai prossimi congiunti di un paziente di una struttura sanitaria in conseguenza di una condotta ospedaliera omissiva rivelatasi fatale.
Premesso il preliminare accertamento del nesso causale necessariamente intercorrente tra le omissioni mediche e la morte del paziente, ciò che la suindicata sentenza pone in evidenza non è il comune danno riconosciuto ai congiunti per la perdita parentale a causa dell’errore medico, bensì il pregiudizio subìto dai parenti per la perdita anticipata del rapporto con il proprio congiunto.
La Corte, dunque, riconosce ai singoli parenti il diritto al risarcimento anche quando sia accertato che il paziente, nonostante la condotta medica, sarebbe comunque deceduto, qualora sia riconosciuto che un più tempestivo intervento dei sanitari avrebbe consentito al paziente di rimanere in vita per un ulteriore – seppur breve – lasso di tempo.
La diversa qualificazione del pregiudizio trova ripercussione anche in punto di liquidazione del quantum, non avendo alcun valore in tale ipotesi i parametri tabellari previsti e applicati per il danno da perdita parentale, ma rimettendosi ad un puro criterio equitativo rimesso alla discrezionalità del giudice il quale può modulare la condanna tenendo conto di diversi fattori, tra i quali la convivenza con il defunto.
La richiesta di risarcimento può essere avanzata da tutti i congiunti ed i componenti il nucleo famigliare della vittima, i quali presumibilmente subiscono il danno morale per la perdita del congiunto, gravando sul convenuto chiamato al risarcimento l’onere di dimostrare che tra vittima e parente non intercorresse un rapporto tale per cui la morte del primo abbia potuto cagionare sofferenza al secondo.
avv. Marta Cipriani