La Corte di Cassazione è tornata ad affrontare la questione della prescrizione del credito erariale, decidendo su ricorso proposto dal contribuente avverso la sentenza con cui la CTR del Lazio aveva stabilito che il credito erariale per la riscossione dell’imposta, a seguito di accertamento divenuto definitivo per mancata impugnazione, fosse soggetto all’ordinario termine di prescrizione decennale.
Richiamati gli insegnamenti espressi dalle SS.UU. che, con sentenza n. 233397/2016 hanno definitivamente stabilito che le pretese della Pubblica Amministrazione si prescrivono nel termine “breve” di cinque anni, la Sezione VI Civile, con ordinanza 930 del 17.01.2018, cassando la decisione impugnata, ha precisato che la scadenza del termine perentorio stabilito per opporsi o impugnare un atto – comunque denominato – di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva di crediti degli enti previdenziali, di crediti relativi ad entrate dello Stato, di crediti di Regioni, Provincie Comuni ed altri Enti Locali, di sanzioni amministrative e così via, produce soltanto l’effetto sostanziale della “irretrattabilità” del credito, ma non rende tale atto – nella specie cartella di pagamento – suscettibile di acquistare efficacia di giudicato, escludendo così la c.d. “conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale ai sensi dell’art. 2953 cod. civ.
Differente è il caso di notifica di cartella esattoriale fondata su sentenza passata in giudicato relativa ad un atto impositivo, per la quale opera il termine di prescrizione generale previsto dall’art. 2953 cod. civ., in quanto il titolo della pretesa cessa di essere l’atto e diventa la sentenza, che, pronunciando sul rapporto, ne ha confermato le legittimità (da ultimo cfr. Cass. Ord. n. 28315/2017).
avv. Francesca Marra