Il volontario allontanamento dalla casa familiare da parte di uno dei coniugi è causa sufficiente a determinare l’addebito della separazione, in quanto violazione dell’obbligo coniugale di coabitazione previsto dall’art. 143 del Codice Civile.
Ci si chiede, in tal caso, che cosa sia tenuto a provare il coniuge che voglia far valere in giudizio l’abbandono del tetto coniugale ad opera dell’altra parte.
La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza del 23 ottobre 2017 n. 25072, uniformandosi alla precedente e concorde giurisprudenza, risponde al quesito individuando in capo al coniuge richiedente l’addebito, l’onere di dare prova non solo dell’effettivo abbandono della casa famigliare, ma anche del nesso causale intercorrente tra l’allontanamento del consorte e l’impossibilità di proseguire il rapporto famigliare.
Secondo una logica consequenziale, dunque, l’interruzione della relazione coniugale deve derivare dall’interruzione unilaterale della coabitazione.
Sulla parte che ha posto in essere l’abbandono, invece, grava l’onere di provare la giusta causa della propria condotta che, se attestata, esclude l’addebitabilità della separazione.
La giusta causa è rinvenibile, ad esempio, nella reazione ad un comportamento ingiusto dell’altro coniuge o anche solo nell’ipotesi della previa proposizione in giudizio della domanda di separazione coniugale, che di per sé già denota la volontà delle parti di interrompere il rapporto e, dunque, di non proseguire la convivenza.
avv. Marta Cipriani