Con la decisione in esame (sez. VI, 2 novembre 2021, n. 7311), il Consiglio di Stato interviene in materia di abusi edilizi e torna sull’inesistenza – in capo alla Pubblica Amministrazione – di un obbligo di motivazione dell’ordinanza di demolizione di un immobile abusivo (pur se tardivamente adottata) in ordine alla sussistenza di un interesse pubblico concreto e attuale al ripristino della legalità violata, a fronte del fatto che il decorso del tempo non può incidere sulla doverosità degli atti volti a perseguire l’illecito attraverso l’adozione della relativa sanzione.
Il Collegio ha dapprima analizzato il fenomeno dell’abusivismo edilizio, precisando che le sanzioni amministrative in ambito edilizio hanno natura ripristinatoria, essendo finalizzate al ripristino dell’interesse pubblico primario violato al corretto assetto del territorio.
Il Collegio ha poi avuto modo di sottolineare come sia indubbio che il proprietario debba essere coinvolto nel procedimento successivo all’accertamento dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e che la sua posizione possa ritenersi neutra rispetto alle sanzioni previste, anche con riferimento all’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’area di sedime sulla quale insiste il bene, a condizione che risulti, in modo inequivocabile, la sua estraneità rispetto al compimento dell’opera abusiva o risulti che, essendone venuto a conoscenza, si sia poi adoperato per impedirlo.
Da ultimo, è stato evidenziato il principio – cardine dell’intero sistema – secondo cui all’eventuale inerzia dell’amministrazione nel provvedere con l’adozione delle sanzioni non deriva alcun legittimo affidamento del privato.
Ne consegue l’esonero dell’amministrazione dall’obbligo di predisporre un impianto motivazionale che non si risolva, semplicemente, nell’analitica descrizione delle opere da demolire e nell’indicazione della normativa violata, da cui si evinca il regime autorizzatorio disatteso.
Il Collegio ha così sottolineato che l’ordinanza di demolizione è un atto vincolato che non necessita di una valutazione ad hoc quanto alle ragioni di pubblico interesse ad esso sottese o alla sussistenza di tale interesse, né di una comparazione tra interesse pubblico e interesse privato sacrificato, non ammettendosi l’esistenza di un affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può mai legittimare.
L’abuso edilizio, infatti, rappresenta un illecito permanente integrato dalla violazione dell’obbligo, perdurante nel tempo, di ripristinare in conformità a diritto lo stato dei luoghi, di talché ogni provvedimento repressivo dell’amministrazione non è emanato a distanza di tempo da un illecito ormai esaurito, bensì interviene su una situazione antigiuridica che perdura sino a quel momento.
avv. Alessandra Brignoli