La Corte di Cassazione, sezione VI, con la sentenza n. 45100 del 06 dicembre 2021, è tornata a pronunciarsi in merito all’applicabilità del d.lgs. 231/2001 alle società unipersonali, chiarendo che anche queste società possono essere chiamate a rispondere di responsabilità amministrativa degli enti.
In particolare, la questione sottoposta al vaglio della Suprema Corte aveva ad oggetto un caso di corruzione nei confronti dell’assessore di un Comune. Il Tribunale di Pescara aveva annullato l’ordinanza applicativa della misura cautelare del divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione nei confronti di tre società a responsabilità limitata. Secondo il Tribunale, a differenza del GIP, le società avevano carattere prettamente unipersonale e, quindi, erano assimilabili a imprese individuali non soggette alle disposizioni di cui al d.gs. 231/2001.
Al contrario, la Cassazione ha annullato l’ordinanza e affrontando il tema della distinzione tra impresa individuale e società unipersonale, ha stabilito che nonostante l’estrema semplificazione della struttura societaria, l’origine e la consistenza patrimoniale dell’ente, la gestione della società unipersonale, possano condurre a ritenere sovrapponibili i due tipi di società, tuttavia, i due istituti sono profondamente diversi tra loro.
Mentre la società unipersonale è un soggetto autonomo e distinto dalla persona fisica dell’unico socio, “un soggetto metaindividuale”, con un centro di imputazione di interessi diverso dalla persona fisica, l’impresa individuale ha, invece, un riferimento diretto alla persona fisica, quasi senza distinzione di patrimoni.
Pertanto, secondo la Corte, le imprese individuali, pur potendo avere anche un’organizzazione complessa, di fatto non sono enti e sono escluse dal d.lgs. 231/2001.
Al contrario, le società unipersonali possono essere chiamate a rispondere sulla base della disciplina della responsabilità amministrativa degli enti di cui al d.lgs. 231/2001 senza incertezze qualora siano partecipate da società di capitali, ma anche quando sono di piccole dimensioni.
Le conclusioni cui giunge la Cassazione, tuttavia, paiono non adattabili alla generalità dei casi in quanto seguendo questa impostazione si rischia di imputare un cumulo di sanzioni per i medesimi fatti sempre alla persona fisica (violando il principio del ne bis in idem) ma anche di prestare il fianco alla creazione di persone giuridiche di ridotte dimensioni al solo scopo di frammentare e polverizzare i rischi economici e normativi, eludendo la disciplina.
Pertanto, il giudice sarà chiamato a valutare con estrema attenzione la fattispecie concreta sottoposta al suo esame, conducendo una verifica complessa attraverso l’accertamento dell’organizzazione societaria, dell’attività in concreto svolta, dei rapporti tra socio unico e società, dell’esistenza o meno di un vero interesse sociale e del suo effettivo perseguimento. È bene, però, evidenziare che la predisposizione di un modello organizzativo per una società unipersonale (oltre che facoltativa) può essere operazione estremamente complessa, dovendo l’azienda prevedere scenari delittuosi più ampi e dall’evidente incertezza applicativa rispetto alle reali dimensioni organizzative dell’ente in cui, molto spesso, la struttura della persona giuridica non è distinguibile dalla persona fisica.
Una soluzione potrebbe essere l’adozione di modelli organizzativi semplificati quali quelli previsti per le PMI o di sistemi di gestione integrati.
avv. Monica Alberti