Il caso in esame è stato deciso dalla sezione lavoro del Tribunale di Mantova che, con sentenza n. 112 dell’11 novembre 2020, ha dichiarato nullo il recesso per giustificato motivo oggettivo irrogato in violazione del divieto generalizzato di licenziamento introdotto in pendenza dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.
Nella fattispecie presa in esame dal Giudice del Lavoro di Mantova la dipendente, commessa presso un negozio di abbigliamento, aveva impugnato il licenziamento per giustificato motivo oggettivo irrogatole in data 9 giugno 2020 a seguito della chiusura del punto vendita presso il quale era adibita. A fondamento della domanda la dipendente deduceva la nullità del recesso, in quanto intimato in violazione del generalizzato blocco dei licenziamenti in pendenza dell’emergenza epidemiologica.
Il Tribunale, investito della questione, ha preliminarmente rilevato che il divieto generalizzato di licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo è stato introdotto dall’art. 46 del D.L. 18/2020 (c.d. Decreto Cura Italia) sino al 17 maggio 2020, per poi essere prorogato, dapprima, dal D.L. 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio) sino al 17 agosto 2020 e successivamente, dal D.L. 104/2020 (c.d. Decreto Agosto) fino, praticamente, a tutto il 2020.
Secondo il Giudice adito le suddette norme sul divieto di licenziamento rappresentano non solo “una tutela temporanea della stabilità del mercato e del sistema economico” ma anche “una misura politico-economica del mercato del lavoro collegata ad esigenze di ordine pubblico”.
Sulla scorta di detto ragionamento, a parere del Giudice, la chiusura dell’attività cui era addetta la lavoratrice è una circostanza ininfluente atteso che “dal carattere imperativo e di ordine pubblico della disciplina del blocco dei licenziamenti consegue la nullità dei licenziamenti adottati in contrasto con la regola, con una sanzione ripristinatoria ex art. 18, 1° comma, L. n. 300/70 e ex art. 23/2015, derivando la nullità espressamente dall’art. 1418 c.c”.
Su tali presupposti il Tribunale di Mantova ha accolto le ragioni della dipendente e per l’effetto dichiarato nullo il recesso, condannando la società alla reintegrazione della lavoratrice nel posto di lavoro precedentemente occupato, nonché al pagamento in favore della stessa di un’indennità commisurata all’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR dal giorno del licenziamento a quello della reintegrazione.
avv. Stefania Massarenti