La Sezione Autonoma delle Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano, con un decreto del 5 giugno 2024, ha applicato la misura dell’amministrazione giudiziaria ex art. 34 D.Lgs. 159/2001 (Codice Antimafia), come modificato dalla L. 161/2017, ad una Società di moda per aver esternalizzato parte della propria attività ad una Società appaltatrice dedita allo sfruttamento di manodopera irregolare e clandestina.
Secondo il Tribunale, la Società appaltante avrebbe omesso di effettuare i necessari controlli sui fornitori attraverso un sistema di internal audit agevolando così la commissione, da parte della Società appaltatrice, del delitto di cui all’art. 603-bis c.p. (il così detto caporalato) ed ha ritenuto, quindi, necessario l’intervento dell’amministratore giudiziario per risanare la governance aziendale ed evitare eventuali ulteriori situazioni illecite.
I Giudici, prima di analizzare ed accogliere la richiesta del Pubblico Ministero, hanno voluto chiarire la finalità dell’istituto dell’amministrazione giudiziaria, definendola come una misura preventiva, volta cioè “a contrastare la contaminazione antigiuridica di imprese sane, sottoponendole a controllo giudiziario con la finalità di sottrarle, il più rapidamente possibile, all’infiltrazione criminale e restituirle al libero mercato una volta depurate dagli elementi inquinanti”.
Il decreto del Tribunale di Milano ha disposto che, durante il periodo di amministrazione, il professionista incaricato avrà il compito di esaminare l’assetto della Società con particolare riferimento al Modello di organizzazione e gestione ex D.Lgs. 231/2001 “nello specifico settore di intervento della misura” e cioè in relazione alla fattispecie di cui all’art. 603-bis c.p., nonché di valutare le iniziative societarie in merito alla composizione degli organi amministrativi e di vigilanza interna e soprattutto alla “politica contrattuale intrapresa nei confronti delle società fornitrici”.
All’esito dell’amministrazione giudiziaria, il Tribunale potrà disporre la revoca totale della misura in caso di bonifica aziendale completa oppure, in caso contrario, la confisca dell’impresa, ovvero – ancora – il controllo giudiziario, misura atta ad imporre prescrizioni idonee a sterilizzare i residui rischi di infiltrazione illecita ormai solo occasionale.
Ciò che emerge dalla pronuncia in esame è, ancora una volta, l’importanza della compliance 231. Un Modello 231 correttamente implementato ed attuato non può che essere inteso come lo specchio delle legalità dell’impresa e, per quanto qui di interesse, è di fondamentale importanza per una corretta selezione dei fornitori in sede di appalti.
Infatti, prevedere ed attuare specifici protocolli interni per la scelta dei fornitori è indispensabile per la Società appaltante, sia per tutelarsi dal punto di vista penale, sia per garantire una buona reputazione all’impresa.
Per valutare al meglio la scelta della Società a cui eventualmente esternalizzare parte della propria attività, sarebbe per esempio utile richiedere ed acquisire documentazione inerente al rispetto della salute e sicurezza sul lavoro, nonché schede attestanti la verifica delle condizioni di lavoro.
Certamente nella procedura di selezione del fornitore è opportuno richiedere, oltre all’adozione di un Modello 231 da parte del fornitore, anche le eventuali certificazioni, quali la ISO9001 (Sistemi di gestione della qualità), ISO 45001 (Certificazione per la salute e la sicurezza sul lavoro) e la ISO 14001 (Certificazione inerente al sistema di gestione ambientale).
Così operando, la Società appaltante ben potrebbe individuare eventuali carenze organizzative o addirittura la commissione di condotte illecite da parte del fornitore e conseguentemente scartarlo, così evitando la misura dell’amministrazione giudiziaria o una condanna in ambito penale.
avv. Federica Beltrame