SLM | NEWS Appalti pubblici – La complessità dei lavori può giustificare limiti al subappalto?

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SLM | NEWS Appalti pubblici – La complessità dei lavori può giustificare limiti al subappalto? 1400 800 Matteo Parini

Una recente sentenza del Consiglio di Stato (Sez. V, 9.5.2024, n. 4161) offre lo spunto per una riflessione su un limite al subappalto che l’Ente appaltante può introdurre nella disciplina di gara.

Come noto, a seguito delle sentenze della Corte di Giustizia UE (la Vitali del 26.9.2019, C-63/18, e la Tedeschi del 27.11.2019, C-402/18) che, in continuità con la consolidata giurisprudenza unionale, hanno sancito l’illegittimità di limiti quantitativi al subappalto fissati in via generale e astratta, il nostro Legislatore ha:

  • progressivamente eliminato, anche se non del tutto, limitazioni generali e astratte al subappalto;
  • disciplinato il potere dell’Ente appaltante di limitare il subappalto nella singola disciplina di gara, “previa adeguata motivazione” (art. 119, comma 2, D. Lgs. n. 36/2023; in precedenza, art. 105, comma 2, D. Lgs. n. 50/2016).

Soffermandoci su questo secondo aspetto, fra le circostanze individuate dal Legislatore che legittimano l’Ente a limitare il subappalto vi sono le “specifiche caratteristiche dell’appalto”.

Facendo leva su tale riferimento, nella sentenza in commento il Consiglio di Stato ha ritenuto legittima la previsione, nella legge di gara di un appalto per realizzare una scuola, del limite del 30% al subappalto di lavori impiantistici, giudicando “chiara” la seguente motivazione contenuta nelle clausole di gara: complessità tecnica delle lavorazioni, che richiede la prestazione prevalente e diretta dell’appaltatore, ai fini della corretta esecuzione del complesso impiantistico”.

La sentenza ha richiamato l’assunto della Corte di Giustizia che, nel ritenere contrastante con il diritto UE il previgente limite fisso, di legge, al subappalto, ha osservato come tale limite si applicasse “indipendentemente dal settore economico interessato …, dalla natura dei lavori o dall’identità dei subappaltatori. Inoltre, un tale divieto generale non lascia spazio alcuno a una valutazione caso per caso da parte dell’ente aggiudicatore”.

Secondo il Consiglio di Stato, “Ciò significa che, al contrario, una limitazione specifica del ricorso al subappalto, assistito da adeguata motivazione, debba ritenersi consentito”.

Gli assunti di partenza della decisione in commento sono senz’altro condivisibili. Tuttavia, è da ritenere che la complessità tecnica delle lavorazioni”, idonea a giustificare un limite al subappalto, non possa consistere in una semplice etichetta” apposta dall’Ente appaltante, ma debba emergere, in concreto, dalla motivazione che quest’ultimo è onerato a rendere, sulla scorta di peculiari caratteristiche tecniche delle prestazioni richieste, tali da far ritenere che il subappalto delle stesse per una quota maggiore ne comprometta lacorretta esecuzione”.

Tali peculiari caratteristiche tecniche non emergono dalla lettura della sentenza (né da quella di primo grado). Pertanto, non è possibile appurare se esse trovassero effettivo riscontro nel capitolato, oppure se l’Ente appaltante si fosse, invece, limitato ad un’astratta affermazione di “complessità tecnica”.

In questa seconda ipotesi, si dovrebbe dubitare dell’adeguatezza della motivazione resa dall’Ente e, di conseguenza, anche di quella dei Giudici che l’hanno avallata.

È importante segnalare che la Corte di Giustizia, nella sentenza Wroclaw del 14.7.2016, C-406/14, ha ritenuto illegittima la clausola di un capitolato che aveva consentito il subappalto “solo” nella misura del 75%, in quanto tale limite era stato posto in astratto, “a prescindere dalla possibilità di verificare le capacità di eventuali subappaltatori e senza menzione alcuna del carattere essenziale degli incarichi”.

Pertanto, anche un limite al subappalto introdotto discrezionalmente dall’Ente nella disciplina di gara può essere illegittimo per astrattezza.

Inoltre, la Corte di giustizia ha ricordato che l’Amministrazione aggiudicatrice ha il potere di imporre l’indicazione nominativa dei subappaltatori già in sede di offerta e, quindi, di verificarne in gara le capacità richieste: in tal caso, essa ha il “diritto, per quanto riguarda l’esecuzione di parti essenziali dell’appalto, di vietare il ricorso a subappaltatori quando non sia stata in grado di verificare le loro capacità in occasione della valutazione delle offerte”.

Nell’ulteriore sentenza Borta del 5.4.2017, C-298/15, la Corte di Giustizia ha rilevato che, sebbene l’obiettivo di assicurare la corretta esecuzione dei lavori possa giustificare limiti al subappalto, è illegittimo un divieto generale di subappalto per le opere qualificate come principali dall’Ente, compresi compiti che rappresentano, proporzionalmente, solo una piccola parte di tali opere”, potendo l’Ente adottare una misura “meno restrittiva”, ossia quella di “richiedere agli offerenti di indicare, nell’offerta, la parte dell’appalto e i lavori che essi hanno intenzione di subappaltare, i subappaltatori proposti e le loro capacità”.

Di conseguenza, previsioni di gara che limitassero il subappalto a causa della complessità tecnica delle prestazioni da svolgere potrebbero risultare in contrasto con il diritto UE, qualora l’Ente non consentisse al concorrente di dimostrare, in gara, la capacità del subappaltatore prescelto di eseguire quanto richiesto.

D’altronde, lo stesso art. 119, comma 2, del D.Lgs. n. 36/2023 prevede che i limiti al subappalto debbano rispettare il principio generale dell’accesso al mercato (art. 3), che impone di favorire l’accesso al mercato degli operatori economici nel rispetto dei principi di concorrenza, … non discriminazione, … proporzionalità”.

avv. Matteo Parini

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