In tema di divorzio, la revoca dell’assegnazione della casa familiare al coniuge beneficiario dell’assegno divorzile non giustifica l’automatico aumento di tale assegno, trattandosi di un provvedimento che ha come esclusivo presupposto l’accertamento del venir meno dell’interesse dei figli alla conservazione dell’habitat domestico, in conseguenza del raggiungimento della maggiore età e del conseguimento dell’autosufficienza economica o della cessazione del rapporto di convivenza con il genitore assegnatario.
Così ha stabilito la Prima Sezione civile della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 16462 del 13 giugno 2024.
Il Tribunale di Vicenza, nell’ambito di un procedimento volto allo scioglimento del matrimonio civile contratto dalle parti, revocava l’assegnazione della casa coniugale ponendo a carico dell’ex marito il versamento mensile di € 800,00 per ciascun figlio, il 100% delle spese straordinarie, nonché un assegno divorzile a favore della ex moglie di € 2.200,00.
La Corte di Appello di Venezia respingeva l’appello proposto dall’ex marito e accoglieva parzialmente l’appello incidentale promosso dalla ex moglie, aumentando l’assegno divorzile a favore di quest’ultima a € 2.500,00 in ragione della sopravvenuta stipula di un contratto di locazione a seguito dell’intervenuta revoca dell’assegnazione della casa familiare, nonché della cessazione dell’obbligo di mantenimento verso i figli.
La Suprema Corte, chiamata a pronunciarsi sul punto, ha riformato la sentenza della Corte di Appello, stabilendo che la revoca dell’assegnazione della casa familiare di per sé sola non giustifica l’aumento automatico dell’assegno divorzile. Il Giudice dovrà certamente tenerne conto nella regolamentazione dei rapporti economici tra i genitori, ma senza che ciò comporti un automatismo nell’aumento dell’assegno.
Le ragioni che hanno portato la Corte di Cassazione a escludere tale automatismo risiedono nella necessità di valutare in modo complessivo le condizioni economiche delle parti senza che singoli elementi, come l’esigenza abitativa (astrattamente considerata), possano assumere un rilievo preponderante e determinare in modo meccanico un incremento della contribuzione a carico dell’ex coniuge obbligato.
La Suprema Corte rileva, inoltre, che la raggiunta autosufficienza economica dei figli si riverbera tanto sul padre quanto sulla madre, in quanto, venendo meno l’obbligo al mantenimento della prole, aumenta la disponibilità economica di entrambi i genitori.
Questo nuovo orientamento giurisprudenziale mira a garantire un più equo bilanciamento delle esigenze delle parti, imponendo ai Giudici di merito un’analisi più approfondita e puntuale del caso concreto.
avv. Federica Boga