SLM | NEWS L’azione revocatoria è esperibile anche con riguardo ai trasferimenti immobiliari tra coniugi in sede di separazione giudiziale.

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SLM | NEWS L’azione revocatoria è esperibile anche con riguardo ai trasferimenti immobiliari tra coniugi in sede di separazione giudiziale. 1400 800 Federica Boga

L’accordo tra coniugi avente per oggetto un trasferimento immobiliare, anche nell’ambito di un procedimento di separazione giudiziale, è soggetto alle ordinarie impugnative negoziali a tutela delle parti e dei terzi, anche dopo il passaggio in giudicato della sentenza che lo ha recepito, spiegando quest’ultima efficacia meramente dichiarativa, come tale non incidente sulla natura di atto contrattuale privato del suddetto accordo.

È quanto affermato dalla terza Sezione Civile della Corte di Cassazione con la sentenza n. 26127 del 07/10/2024.

Considerato che simili pattuizioni possono, in concreto, rivelarsi lesive dell’interesse dei creditori all’integrità della garanzia patrimoniale del coniuge disponente, la Suprema Corte ha affermato che nessun ostacolo si frappone alla loro impugnazione, ove ricorrano i relativi presupposti, tramite l’azione revocatoria, tanto ordinaria quanto fallimentare. Tale impugnativa mira a colpire non la separazione in sé, ma il segmento di fattispecie dietro cui si cela il vulnus alle aspettative di soddisfacimento del ceto creditorio.

La natura negoziale degli accordi dei coniugi, equiparabili a pattuizioni atipiche ex art. 1322, comma 2, c.c., comporta che nessun sindacato può essere esercitato dal Giudice sugli accordi stipulati dalle parti. Da ciò deriva il valore meramente dichiarativo della sentenza di separazione o di divorzio in relazione alle pattuizioni sui rapporti economici tra i coniugi.

La giurisprudenza di legittimità riconosce che le attribuzioni patrimoniali dell’uno all’altro coniuge concernenti beni mobili o immobili, in quanto attuate nello spirito degli accordi di sistemazione dei loro rapporti di dare/avere in occasione della separazione, sfuggono sia alle connotazioni classiche dell’atto di donazione che a quelle di un atto di vendita, attesa l’assenza di un prezzo corrisposto.

Tali attribuzioni, sempre secondo il consolidato indirizzo di legittimità, di volta in volta possono “colorarsi” dei tratti della obiettiva onerosità oppure di quelli della gratuità, in funzione dell’eventuale ricorrenza, nel concreto, dei connotati di una sistemazione “solutorio-compensativa” di tutta una serie di rapporti maturati tra le parti nel corso della convivenza matrimoniale.

L’onerosità dell’attribuzione patrimoniale non può, dunque, farsi discendere tout court dall’astratta sussistenza di un obbligo legale di mantenimento, ma può emergere dall’esigenza di riequilibrare o ristorare il contributo apportato da un coniuge al ménage familiare.

Nel caso in esame, i Giudici della Corte di Cassazione non hanno rinvenuto elementi che lasciassero trasparire che la cessione dell’immobile avesse funzione solutoria, tanto più che in sede di provvedimenti presidenziali non era stato posto a carico del marito alcun assegno a favore della moglie. Hanno, quindi, escluso la natura onerosa dell’atto dispositivo e ritenuto ammissibile l’azione revocatoria.

avv. Federica Boga

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